“Non c’era internet negli anni 80. Per cercare informazioni, prendevo il 35 dal quartiere popolare di Firenze in cui vivevo e andavo a studiare in una libreria in centro, l’unica che aveva un reparto informatico abbastanza fornito.” Simone Zinanni
Simone, Bernardo e Giovanni, tre ragazzini di Firenze. Nei loro sogni c’era la Silicon Valley. Uno di loro è andato davvero a lavorare negli Stati Uniti, ma gli altri due hanno deciso di rimanere e portarla qui in Italia la Silicon Valley.
Appassionati di tecnologia, muovevano le dita sulle tastiere in un momento storico in cui faceva la sua prima, timida comparsa internet e in cui era davvero difficile trovare informazioni sulla programmazione. In Italia, il concetto stesso di informatica era agli albori e i computer erano rari, soprattutto nelle case private. Erano gli anni in cui, se volevi studiare qualcosa, dovevi raggranellare ventimila lire dai parenti per il compleanno e comprarti qualche libro, che poi puntualmente avresti scambiato con altri amici nerd, perché anche i libri erano pochi e costavano tanto. Era però un momento bello e stimolante, i computer venivano venduti con i manuali di programmazione inclusi: se compravi il Commodore 64, ci trovavi anche il manuale del Basic dentro, e così cominciavi a spippolare. E il manuale era spesso in inglese: ci voleva davvero una bella motivazione per chi lo aveva studiato poco e male alle medie e doveva cercare tutte le parole sul dizionario!
Ma dove tanti vedevano solo schermo, tasti e linguaggi indecifrabili, pochi altri, cresciuti a pane, codice e fantascienza, ci vedevano possibilità illimitate: ci vedevano il loro futuro.
“Un amico comune aveva la casa a pian terreno. Bernardo bussò ed entrò scavalcando dalla finestra di camera dove eravamo a nerdare, e così ci conoscemmo.” Giovanni Bajo
Il tempo delle BBS non tutti l’hanno vissuto, erano i primi sistemi telematici per scambiarsi file. Bernardo aveva una linea telefonica ISDN con due linee, e aveva fatto attivare anche un secondo numero di telefono normale da una linea. Aveva una delle BBS più popolari a Firenze per quanto riguardava l’Amiga ed era uno dei pochi a riuscire a gestire più linee e più utenti (anche se tanti ricordano soprattutto la nonna che parlava al telefono mentre la BBS era connessa e disturbava la linea!). Nei primi anni 90, era un grande investimento per una famiglia normale avere in casa un computer come quello che aveva Bernardo, ma per fortuna lui era uno dei pochi a possederne uno!
“L’informatico conosceva il C e quello doveva usare. Noi volevamo sperimentare sempre tecnologie nuove, è per questo che abbiamo deciso di fare un’azienda nostra.” Simone Zinanni
Passa qualche anno, i tre ragazzini crescono e – indovina un po’? – scelgono di fare i programmatori, di trasformare una passione in una carriera. Le loro strade si incrociano anche a livello lavorativo: insomma, non è che Firenze sia una metropoli, nell’ambiente informatico ci si conosce un po’ tutti. Ma il loro desiderio di usare sempre le tecnologie più nuove mal si conciliava con l’essere consulenti per aziende che, invece, tendevano a ridurre il rischio e a usare solo linguaggi ben conosciuti e consolidati.
Mettersi in proprio e fondare un’azienda sembra il passo più naturale per poter sperimentare le tecnologie più moderne, senza vincoli dall’alto, e poter continuare a studiare e imparare sempre, perché un vero sviluppatore vuole essere sempre un passo avanti agli altri.
Develer 1.0 nasceva così, il 12 ottobre 2001, vent’anni fa.
“Il primo nostro ufficio era un fondo di 50 mq, nella periferia di Firenze, ed era un po’ la nostra tana: ci lavoravamo, ci mangiavamo, ci vivevamo. Avevamo un divano e dormivamo lì.” Simone Zinanni
Era una seconda casa più che un ufficio, a ogni ora del giorno e della notte c’era qualcuno a nerdare, tra amici e collaboratori. Erano pochi metri quadrati, c’erano un paio di scrivanie, un divano con qualche coperta, cartoni di pizza della sera prima e Trinity, il primo server messo proprio all’ingresso, che ci sbatteva la porta quando entravi. Certo, il nome era stato scelto pensando a qualcosa che avesse assonanza con “developer” e avesse il dominio libero (una ricerca in più e avrebbero scoperto che “develer” significa “cammello” in turco, ma vabbè, la SEO era stata inventata da troppo poco tempo!) e certo, il logo lo aveva disegnato Simone un’ora prima di presentare un’offerta a un cliente, però da lì si poteva iniziare questa nuova avventura. Non era una strada tutta in discesa, ai clienti parlavano di Open Source quando non se ne era mai sentito parlare e usavano Linux o Qt nell’embedded, mentre per il software scommettevano sull’ancora sconosciuto Python: adesso sono scelte ovvie, ma vent’anni fa erano pionieristiche e anche guardate con un po’ di diffidenza, se vogliamo essere sinceri.
“La sperimentazione tecnologica è stata il filo conduttore che ci ha seguito negli anni: siamo stati tra i primi in Italia a introdurre e usare in ambito industriale Python, Qt, Go e Rust” Giovanni Bajo
Dopo cinque anni, il primo turning point.
Develer aveva cominciato a costruirsi una reputazione, era una realtà che attraeva molti sviluppatori appassionati e il lavoro non mancava: era giunto il momento di trovare una sede più grande e adeguata, di diventare un’azienda più strutturata e non solo un ritrovo di amici. Develer 2.0 continua così il suo percorso a Campi Bisenzio, nella piana fiorentina: nel nuovo ufficio di 160 mq, dove c’è persino una sala riunioni e una vera segretaria amministrativa, le cose cominciavano a farsi serie! La vera sfida era mantenere la freschezza dei primi giorni e non diventare un ambiente grigio e formale.
Sempre in quegli anni, però, Bernardo decide di fare il grande salto e andare a lavorare negli Stati Uniti per la Free Software Foundation e OLPC (One Laptop Per Child), mentre Simone e Giovanni rimangono in Italia. La vogliono fare qui un’azienda innovativa, bella, dove le persone stanno bene, vengono formate, non ci sono grandi gerarchie e dove ci si diverte anche.
“Siamo innovatori per attitudine e sperimentatori per vocazione, la nostra missione è l’evangelizzazione tecnologica. Per questo abbiamo iniziato a organizzare conferenze.” Simone Zinanni
L’amore per Python porta buona parte degli sviluppatori di Develer a fondare nel 2007, insieme ad altri amici, la Python Italia APS e organizzare, negli anni, più di 10 edizioni della PyCon e 3 di EuroPython.
Dopo aver portato a Firenze Richard Stallman e Guido Van Rossum, la voglia di confrontarsi e dare il proprio contributo nel mondo del software fa nascere la voglia di organizzare altre conferenze: arrivano così BetterSoftware, BetterEmbedded, QtDay, GoLab e RustLab.
Anche grazie a questi eventi, la fama di Develer cresce e, nonostante una serrata campagna di conquista degli uffici confinanti, lo spazio non basta mai.
È giunto il momento di una Develer 3.0
“Se cerchi me o Giovanni, ci trovi in open space, alla nostra scrivania in mezzo a tutti gli altri. Nessun ufficio privato, nessuna porta. Se passi alle mie spalle, puoi vedere quello che sto scrivendo sul monitor. Non ci sono segreti con i develeriani, né rigide gerarchie.” Simone Zinanni
Il 2019 è stato il secondo turning point per Develer: terzo trasloco in una nuova sede e terzo cambio dell’assetto societario, con l’entrata in scena di una multinazionale.
Questa volta, si pensa in grande: l’open space è di 1300 mq, può ospitare fino a 120 persone ed è stato progettato per crescere insieme ai develeriani, essere confortevole e vissuto a tutte le ore, sia per lavorare che per organizzare feste, BBQ e tornei di videogame.
Insomma, un quartier generale che non ha nulla da invidiare alle sedi delle grandi aziende della Silicon Valley: piano piano, il sogno dei ragazzini comincia a diventare realtà!
Di pari passo, cresce l’azienda: entrare a far parte del gruppo Comelz è una scelta naturale, come lo fu fondare Develer nel 2001. Comelz è stata da sempre il cliente più importante e, dopo 15 anni di lavoro insieme, c’erano tutte le basi, tra cui anche una grande affinità ed empatia personale, per decidere di proseguire il cammino insieme. Un rapporto bello, fondato sulla fiducia: Comelz si fida e si affida completamente a Develer dal punto di vista tecnologico, aspettandosi la proposta e l’uso di tecnologie sempre più innovative, in completa linea con la filosofia aziendale.
E così si arriva a oggi: quasi 80 develeriani, un’azienda che è continuata a crescere passando indenne attraverso due cambi societari, una crisi economica mondiale e una pandemia, un luogo di lavoro ma anche di ritrovo, dove stare bene, imparare e condividere momenti piacevoli.
Che dicono ora i ragazzini di 20 anni fa?
“Scegliamo ogni giorno di fare software perché è quello che ci piace fare.
Siamo un’azienda, ma soprattutto un gruppo di compagni di viaggio che condivide una grande passione da 20 anni. Ora non dormiamo in ufficio o magari abbiamo qualche capello bianco in più, ma lo spirito iniziale non lo abbiamo mai tradito.
Vogliamo continuare così”. Simone e Giovanni